Luogo

Casa del Cinema di Roma
L.go Marcello Mastroianni, 1 - Roma
Categoria
Athenaeum NAE

Organizzatore

Athenaeum NAE
Phone
065812049
Email
info@athenaeumnae.com
Website
https://www.athenaeumnae.it/

Data

21 Mar 2016

Ora

9:30

Progetto

Con gli occhi del cinema

Lunedì 21 marzo 2016 – Ore 9:30
Casa del Cinema – L.go Marcello Mastroianni, 1 (Villa Borghese)

Alla proiezione seguirà un incontro-dibattito al quale è stata invitata Silvia Scola, coautrice della sceneggiatura.

Regia: Ettore Scola
Sceneggiatura: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo
Produzione: Italia – 1989 – commedia
Interpreti: Marcello Mastroianni, Anne Parillaud, Massimo Troisi, Lou Castel

Un padre, avvocato, e un figlio, militare. Sullo sfondo di Civitavecchia. Due attori straordinari, Mastroianni e Troisi, diretti da Ettore Scola. E un orologio d’argento, di quelli con la catena, da panciotto, del nonno ferroviere. Motivo del titolo e del tormentone del padre al figlio: “Scusi che ora è” per sciogliere l’imbarazzo. Michele, laureato in lettere, sta facendo passare il tempo con il servizio militare a Civitavecchia. Suo padre, distratto da improbabili clienti e donne occasionali, lo va a trovare, cercando di riallacciare un rapporto in effetti mai esistito. I costosissimi regali che il padre gli prospetta (un’auto di lusso, un attico nel quartieri Pinciano a Roma) lo imbarazzano. Tra i due il dialogo arranca, finché progressivamente il padre scopre la nuova vita di un figlio, con lui è ombroso, che sa stare con gli altri che ha amici di tutte le età in una città improbabile, luogo di partenze e arrivi, dove è difficile immaginare di vivere una vita stanziale. Alla fine, al padre che con rammarico commenta la difficoltà dell’incontro, spiegherà Michele «… poi, a parlare con un estraneo che ci vuole? È a parlare col padre che è difficile… che… ma poi chi l’ha detto che padre e figlio debbono parlare?»

Ettore Scola

Ettore Scola è nato a Trevico (Avellino) il 10 maggio 1931. Ha iniziato con la carriera giornalistica, collaborando con la rivista umoristica Marc’Aurelio mentre frequentava la facoltà di Giurisprudenza a Roma. È passato alla scrittura di sceneggiature nella metà degli anni Cinquanta, collaborando con Age e Scarpelli, per film come Un americano a Roma (1954), La grande guerra (1959) e Crimen (1960). La sua prima alla regia è del 1964 con il film Se permette parliamo di donne con Vittorio Gassman, con Nino Manfredi e Marcello Mastroianni, attori di molti suoi film. Sono seguiti Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca (1970). Con C’eravamo tanto amati, che ripercorre la vita di tre amici dal Dopoguerra al 1975 attraverso le vicende politiche dell’Italia e inaugura una stagione di film che inquadrano i sentimenti dei protagonisti e i loro drammi nell’attualità e il contesto storico italiano, come Brutti, sporchi e cattivi (1976), Una giornata particolare (1977). Sono degli anni Ottanta La terrazza, film emblema della sinistra in crisi, Ballando ballandoMaccheroni, l’unico film ambientato in una città che non è Roma, La famiglia (1987), che copre il lungo arco di storia della vita del protagonista, Che ora è? Con il film narrativo Concorrenza sleale ambientato durante il fascismo e il documentario Gente di Roma, Ettore Scola ha concluso la sua carriera cinematografica, facendo poi una sola eccezione per un altro documentario, Che strano chiamarsi Federico, realizzato nel 2013 in occasione del ventennale della morte di Fellini. Ettore Scola è stato sposato con la sceneggiatrice e regista Gigliola Scola. Ha fatto parte del governo ombra del Pci nel 1989 con delega ai beni culturali. È morto nella serata del 19 gennaio 2016 a Roma.
(sintesi da http://trovacinema.repubblica.it)

Lettera al settimanale l’Espresso circa la polemica nata sulla presentazione del film Che ora è? Alla Mostra del Cinema di Venezia, di Massimo Troisi, settembre 1989

Mi trovo nella piovosa Monaco di Baviera. Preso dalla nostalgia per la mia patria lontana compro i giornali italiani e tre le altre cose leggo di un futile attacco del responsabile della cultura e dello spettacolo del Psi, Bruno Pellegrino, al regista Ettore Scola.
Un po’ per allegria e un po’ per sentirmi più vicino all’Italia, mi lascio dunque catturare da un’irrefrenabile e ingiustificata voglia di partecipare a questa personale schermaglia tra due uomini di spettacolo e di cultura.
Caro responsabile della cultura e dello spettacolo del Psi, Bruno Pellegrino, ci terrei a dirle subito che il signor Ettore Scola, come ministro sarà anche ministro «all’ombra», ma come regista è indubbiamente un regista abbastanza abbronzato e lei, essendo del suo partito anche responsabile dello spettacolo, questo dovrebbe saperlo con certezza.
Dovrebbe poi sapere che un regista già abbronzato non ha bisogno di andare a Venezia per la tintarella. Lei, caro responsabile della cultura e dello spettacolo del Psi, dovrebbe anche sapere che è comunque più morale per un uomo politico mandare il proprio film alla Mostra del Cinema di Venezia piuttosto che il proprio cognato a Milano [Paolo Pillitteri, cognato di Craxi e sindaco di Milano].
Non c’è bisogno invece di essere responsabile di niente per capire le enormi differenze che passano tra un film e un cognato. Io voglio comunque venirle incontro e elencargliene solo alcune.
1. Per fare un cognato c’è comunque bisogno di una sorella. Per fare un film invece, si possono avere anche solo fratelli e rimanere celibi. Nella storia del cinema si sono verificati addirittura casi di registi celibi e figli unici.
2. Per fare un film di successo bisogna promuoverlo. Per fare un cognato di successo… anche. Strana similitudine tra film e cognato.
3. Il film non ha idee autonome, è sempre l’espressione delle idee più personali di colui che lo dirige. Un cognato… anche. E se questa analogia fosse uno dei numerosi motivi della crescente crisi del cinema? Sto divagando, ma lo scoprire tutte queste cose in comune tra film e cognato mi disorienta… Forse è già capitato a qualcuno di chiedere ad un amico: «Andiamo al cinema?», e di sentirsi rispondere: «No grazie, stasera me ne resto a casa a guardare mio cognato». Se la mia intuizione si dovesse dimostrare esatta, lei per avermela direttamente suscitata, avrebbe già assolto il suo compito di responsabile Psi dello spettacolo.
Resta il suo ruolo di responsabile della Cultura, ma sono certo che anche in quel settore lei troverà il modo di rendersi utile. Un consiglio? Visto che il suo segretario di partito si ostina a infiocchettare i propri discorsi con disarmanti citazioni in latino, per essere puntualmente bocciato dal latinista, quel professor Michele Ciafardini, che è anche deputato, potrebbe dargli qualche ripetizione nel tempo libero. Eviterebbe così che si possa pensare che il Psi sia l’unico partito in Italia ad avere, oltre che un responsabile alla Cultura, anche un responsabile all’Ignoranza.
Con Stima, Massimo Troisi

Silvia Scola: scrivere un film con Massimo Troisi

Che ora è? è un film cosceneggiato anche da Silvia Scola. Nel momento in cui si scrive un film sapendo che uno dei protagonisti è Massimo Troisi lo si scrive un po’ sull’attore non si può non tenerne conto.

Silvia Scola: In realtà è una facilitazione avere sia la maschera sia, come diceva papà, un atteggiamento schivo nei confronti della vita. Il suo personaggio era proprio ricalcato su questo essere schivo. Il film è dell’89, era un momento a cavallo, in cui si cominciava a vedere la recessione rispetto ai modelli consumistici e c’erano visioni della vita completamente diverse: la voglia di vivere a tutti i costi come faceva Marcello rispetto al chiudersi di Massimo.
Sapere che l’avrebbe interpretato lui è stato veramente di grande aiuto, forse un po’ com’era il vecchio cinema, la vecchia commedia italiana, che sapeva esattamente chi avrebbe interpretato il personaggio. Quindi è stata una facilitazione e in più Massimo si è affidato completamente a mio padre anche da un punto di vista di attore e quindi è stato fedelissimo alla sceneggiatura. Abbiamo parlato prima di girare però lui aveva aderito completamente ai dialoghi. Già erano stati pensati in funzione di quel tipo di recitazione ma lui ne era completamente al servizio. L’interpretazione non c’era, se non questa sua arte sia mimica e sia proprio di pieghe psicologiche che si adattavano completamente al personaggio.

http://cinemio.it


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